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Leggedimmerda anche al Senato altrimentisaltalaccordo

Ricapitolando: si approva una leggedimmerda alla Camera, dove il PD ha una ampia maggioranza per farne passare, insieme ad altre forze politiche, una diversa. Perché altrimenti saltalaccordo. Però si dice che al Senato, che andrà abolito e dove il PD non ha, da solo, i numeri, la legge dimmerda può essere migliorata. Scusate, ma non saltalaccordo? E se anche fosse, la legge dimmerda torna alla stessa Camera che l’ha votata, così dimmerda, per modificarla, anche se saltalaccordo?

Faccio una previsione? Uscirà la stessa leggedimmerda, anche al Senato.

Altrimentisaltalaccordo.

 

Scordatevi gli ultimi quindici anni (e il PD)

E così arriviamo al governo Renzi I. Tralascio le modalità con le quali siamo arrivati a tutto questo. Resto solo, come dire, stupito di fronte al fideismo di cui soffrono i fan del neo-premier. Roba che se altri avessero detto o fatto la metà di quello che ha detto o fatto Renzi in queste settimane e fino a pochissimi giorni fa, avrebbero lamentato anch’essi la mancanza di democrazia, il mancato mantenimento della parola data, il mancato ricorso all’opinione di iscritti ed elettori. Sono le regole a leader variabile, diciamo così. Ma tant’è.

Faccio una previsione: secondo me Renzi dura davvero fino al 2018. Primo perché pochissimi, innanzitutto nel PD, hanno desiderio di andare alle urne. Soprattutto tra i cuperliani, ma non solo. Sanno che questo, per la maggior parte di loro, è l’ultimo giro di giostra, presumibilmente, e vorranno sopravvivere il più possibile. Nella speranza di ingraziarsi, nel tempo, il nuovo leader e resistere anche per il prossimo giro.

E poi perché credo che Renzi troverà il modo di tenere insieme la sua maggioranza che, ricordiamo, sarà la medesima sulla quale si reggeva il governo Letta, magari con l’aggiunta di pezzi di Forza Italia (Renzi e Berlusconi hanno trovato un accordo su legge elettorale e riforme, per quale motivo non proseguire?). Quale sarà il collante? Il programma, ovviamente. Quale programma? E qui sta il punto.

Le parole di Pippo Civati, temo, resteranno inascoltate.

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Sono giorni che riecheggia nella mia testa quanto detto da Piero Fassino in direzione nazionale, la settimana scorsa.

“Dobbiamo imporre elementi di rottura politica e programmatica molto forti (applauso) che sono necessari per rispondere ad un mutamento radicale di assetto e di configurazione della società italiana”.

“Occorre che corrediamo questa scelta con un programma molto coraggioso e molto innovativo avendo consapevolezza in questa sala che dovremo fare delle scelte che non sono necessariamente in una irenica (!) continuità programmatica con quello che il nostro partito ha sostenuto negli ultimi dieci o quindici anni (pausa teatrale)”.

Quindi a partire dalle prossime settimane avrà inizio quel mutamento politico-antropolgico del PD di cui tempo fa parlava Eugenio Scalfari, e nell’epoca in cui destra e sinistra non esistono più (ipse dixit) per come ce le ricordavamo una volta (e per come le conosciamo adesso) ciò vuol dire che ci saranno soluzioni di un certo tipo a problemi di un certo tipo. L’anticipazione l’abbiamo avuta con la vicenda FIAT un paio d’anni fa.

Civati parla giustamente di diritti, di corruzione, di spese militari, di consumo di suolo, di reddito minimo, di vincoli europei. Io aggiungo, che so, la vicenda Electrolux, piuttosto che la spesa pubblica. E se un governo nasce preferendo ciò che rappresentano Formigoni e Alfano a ciò che rappresenta Civati (in termini politico-programmatici, ça va sans dire), ecco che i motivi per dire no al governo Renzi I fioccano. Epperò proprio la mutazione sarà la garanzia per la vita del nuovo governo, fino al 2018.

Segretario #sischerza

Spinoza rende omaggio al nuovo segretario del PD.

Primarie Pd, è Renzi il nuovo anti-Berlusconi. La “anti” è muta.

Dalle urne è uscito Renzi. Un avversario pericoloso per l’Italia.

Quasi tre milioni di italiani ai seggi delle primarie. Li avevano confusi con i mercatini.

Renzi passa dal 40% del 2012 al 70% del 2013. Avevo sottostimato il peso di Tabacci.

Matteo Renzi è il nuovo rappresentante della generazione dei quarantenni. Prima c’era il Maxibon.

Renzi si presenta alla conferenza stampa con un cerotto sulla mano. Che modo volgare di festeggiare.

Renzi: “Cambierò il Pd”. Affinché il nulla cambi.

“Voglio che il governo Letta lavori, non che cada”. Deve sembrare un incidente.

(Su Sky se attivi i sottotitoli al discorso di Renzi compare “Ve l’ho messo al culo”)

Renzi: “Questa non è la fine della sinistra”. O almeno non quella che si meritava.

“Non si tratta di fare la pace con Berlusconi, ma con gli italiani”. Che votano Berlusconi.

Renzi: “In questi anni abbiamo parlato tanto di lavoro, ma alla fine la disoccupazione è aumentata”. Dillo a me che parlo solo di figa.

“Mandela ha fatto 27 anni di carcere per un’idea” ha detto Matteo Renzi, 38 anni, incensurato.

Renzi: “Andrò dai bambini nelle scuole“. Tipico di chi ha appena preso i voti.

Le prime parole di Cuperlo dopo la sconfitta: “Comunque c’avevo judo”.

Pippo Civati si ferma al 13%. Adesso sappiamo quanti italiani ci sono su Twitter.

Renzi riceve la telefonata di Berlusconi nella notte. “Buonasera dottore”.

Fassina: “Da domani al lavoro tutti assieme”. Allora non hai capito un cazzo.

Il Pd incorona Renzi durante l’assemblea. Tipo la Domenica delle Palme.

Renzi: “Il fine del partito non è il governo”. Ora hanno un senso tutti i segretari precedenti.

Lo slogan di Renzi: “Restiamo ribelli”. Dopo tanti anni da camaleonti.

Letta e Renzi cantano insieme l’inno. Erano anni che la Dc non appariva così unita.

L’assemblea ratifica la nomina di Gianni Cuperlo. Era la voce “varie ed eventuali”.

Cuperlo sarà il nuovo presidente del Pd. Serviva un biondino che ballasse accanto a Renzi.

Letta: “Uniti non ci batte nessuno”. Ecco dove stava l’inghippo.

Renzi convoca la prima riunione di segreteria alle 7 del mattino. L’orario deve averlo deciso sua moglie.

Scelti i componenti della nuova segreteria. Ora tocca solo prenotare il campetto.

Renzi sceglie dodici persone per la sua squadra. Allontanato D’Alema che cercava di baciarlo.

Epifani: “Ok la competizione, ma restiamo uniti”. Ed era solo la foto ricordo.

Ora comincia la rottamazione. Sono cazzi di Ingrao.

Congelatore o graticola?

Ieri ero a Milano, all’Assemblea Nazionale. Con tanti compagni di viaggio, ed è stato bello ritrovarci lì. È stato bello anche incontrare quelli che mi sono (ci siamo) perso per strada. Percorsi politici differenti ma la stima personale resta immutata.

Era la giornata del segretario, e Renzi si è preso il palcoscenico. Giusto così. Tante speranze, tante aspettative. Un discorso di un’ora e venti molto evocativo, poco concreto. Moltissime cose da fare, alcune bellissime. Ma come farle non è che sia stato proprio chiarito. Lasciate fare a me è un metodo di lavoro che ho già sentito da qualche parte, e non è che sia andata proprio bene.

Vedremo.

Completamente assente, nelle parole di Renzi, la forma-partito. E non è un caso che in Direzione Nazionale non sia stato chiamato Fabrizio Barca.

Forse le uniche cose concrete di cui ho sentito parlare sono state la trasformazione del Senato in camera delle Regioni e la richiesta di mettere al centro dell’attenzione, quale punto qualificante dell’accordo con il NCD per il prossimo anno-anno e mezzo (si passa dalle larghe intese al governo di coalizione, sigh!), il tema delle civil partnership (sappiate che quando si utilizzano termini anglosassoni vi vogliono fregare). Due cosucce da niente che porterebbero dritti dritti al voto (ve li immaginate Giovanardi, Formigoni, Cicchitto che dicono si al riconoscimento di un diritto che sia uno?),  con buona pace dell’asse con Enrico Letta (si vis pacem para bellum diceva qualcuno), che sarà messo sulla graticola a fuoco alto,

Del resto, se lo può permettere, Renzi, di restare un anno a guardare un governo del  non-fare, messo in congelatore mentre qualcuno, e potete giurarci, medita vendette?

Il post del post

Il mio primo pensiero va a Pippo. Per ringraziarlo. Se in questi ultimi anni ho continuato ad interessarmi attivamente di politica è grazie a lui. Dalla delusione alla speranza. Oggi c’è un po’ di delusione in più, ma la speranza è più che viva. Il tempo di ricaricare le batterie e si riparte. Insieme alle persone meravigliose che ho conosciuto in questi anni, a partire da quella riunione al circolo ARCI di Via Bellezza, a Milano, passando per Albinea, Firenze e Bologna e fino a Reggio Emilia. Insieme alle persone che ho conosciuto in questi mesi, aiutando a mettere in piedi la mozione in tutto il Lazio. Energie da valorizzare, tanti giovani (di testa, di cuore e di carta d’identità) da sostenere perché il futuro è il loro.

Un pensiero va a Gianni Cuperlo, troppo onesto, intelligente, e serio per meritarsi di finire nel tritacarne di una classe dirigente al tramonto. Non ve lo meritavate Cuperlo, voi che avete portato il PD al governo con Berlusconi e pensavate di sopravvivere a voi stessi. Sparite dalla scena, una volta per tutte. D’Alema, Finocchiaro, Turco, Fioroni, Amici.

E poi un pensiero va anche a Matteo Renzi, perché tutto l’ambaradan è servito a scegliere il nuovo segretario del mio partito. A Renzi chiedo coraggio. A Renzi chiedo di occuparsi del PD. Che non deve essere solo lo strumento per le sue legittime aspirazioni alla premiership. La rottamazione non si fa liberandosi di due o tre nomi nazionali importanti. La rottamazione si fa sui territori, come nella provincia di Latina, dove continuano ad imperversare capibastone neo-renziani che lasciano tutto così com’è (chiedere ai protorenziani). Si fa sui territori, come nella provincia di Latina,  impedendo le adesioni in massa di ex-qualcosa, che salteranno sul carro senza averlo nemmeno spinto. Qui si gioca la partita del PD e del Paese. Perché a cascata rischia di avverarsi anche la profezia della mutazione antropologica del PD di cui parlava Scalfari tempo addietro. Alcune delle persone che cantano vittoria hanno posizione retrograde sui diritti (Cristiana, ci sei?), sulla laicità dello stato, sulle spese militari, sulle infrastrutture, sull’ambiente, sul precariato, sui diritti, sul welfare. E allora ai tanti che hanno trovato come ragione qualificante per votare Renzi “perché finalmente vinciamo” io vorrei, sommessamente chiedere cosa si vincerà. Quale Paese costruiremo. Quindi segretario, coraggio. Oppure perderai tu e perderemo tutti.

 

Il nuovo segretario del PD

Sarebbe proprio così. Ma dipende da voi, solo da voi. Eccolo.

Se tutto va come ci auguriamo che vada, il 9 dicembre mi alzerei presto e andrei a Bologna, per prima cosa, per dare una tessera a Romano Prodi. Una tessera Gold per il 2014. Non è detto che accetterebbe, ma è necessario provarci.

Nel pomeriggio, chiederei un incontro ai gruppi parlamentari di Sel, per sottoscrivere ancora la carta d’intenti che facemmo firmare a tre milioni di persone giusto un anno fa, anche se sembrano passati secoli. E proporrei loro di fare un unico partito del centrosinistra, che farebbe bene sia al Pd sia a Sel.

Chiederei a Enrico Letta e ai ministri, viceministri e sottosegretari del Pd di incontrarci e parlarci francamente, sulla base delle indicazioni ricevute dagli elettori delle primarie. Sulla legge elettorale, per prima cosa (perché avremmo dovuto votare il ritorno al Mattarellum quando arrivò alla Camera, ormai sei mesi fa) e su un messaggio da dare sull’uguaglianza, subito, senza perderci in miliardi di mediazioni confuse e spesso fallimentari.

Chiederei un appuntamento a Giuliano Amato, per capire se lui non intenda dare l’ottimo esempio e rinunciare a due delle sue tre pensioni. E se dal punto di vista costituzionale i diritti acquisiti di chi sta bene non possano trovare un equilibrio con i diritti acquisiti (e negati) a chi sta male. E chiederei a Stefano Rodotà di vederci al teatro Valle, in settimana, perché ci sono un milione di cose di cui dobbiamo parlare. E anche qualche scusa da porgere.

Lancerei una campagna di moralizzazione totale della politica, a cominciare dai costi degli enti locali per arrivare al Parlamento. Chiederei ai parlamentari del Pd di rinunciare a un terzo dello stipendio, non per darlo al Pd come fanno ora, ma per lasciarlo alla Camera e al Senato. E a chi tra loro abita a Roma di considerare se è il caso di percepire una diaria analoga a quella che riguarda i parlamentari che abitano nel Sud-Tirolo o in provincia di Nuoro.

Sentirei Gian Piero Scanu, che sta facendo un ottimo lavoro, per chiedere che il Pd, in commissione Difesa, dica cosa più chiare sugli F-35. E le dica alla svelta.

Ovviamente farei tutto quanto dopo avere sentito Cuperlo e Renzi e anche Pittella, perché mi sembra giusto fare così. E chiederei loro di indicarmi le persone migliori con cui costruire insieme il nuovo Partito democratico, che premi il merito e non l’appartenenza a questa o a quella corrente. La qualità e non la fedeltà.

Verso sera, come in quel film, offrirei un bicchiere di vino a Fabrizio Barca, per quello che ha fatto in questi mesi, restituendo alla politica il sapore antico dello studio e della riflessione ‘lunga’: gli chiederei di guidare un centro studi formidabile, all’aria aperta, diffuso sul territorio nazionale e autonomo: autonomo rispetto alla quotidianità della dichiarazione continua di tutti su tutto e autonomo rispetto alla mia stessa segreteria. Perché è così che si ragiona meglio, quando le persone possono dare il meglio di sé, senza condizionamento alcuno.

Personalmente, rifletterei sul fatto se sia giusto rimanere in Parlamento o se non sia meglio dedicarsi esclusivamente al lavoro di segretario, anche perché dovremo girare molto con il nuovo gruppo dirigente (nuovo perché, senza toni eccessivi, lo cambieremo tutto, e spero si sia capito). Sui luoghi di lavoro, per prima cosa, in tutta Italia, in un viaggio tra piccole aziende e grandi stabilimenti, nelle startup e nei call center, nelle fabbriche e nei centri di ricerca. Dove le cose vanno bene e dove purtroppo le cose vanno malissimo. E dovremo stare la maggior parte del nostro tempo nella provincia del Paese, dove tutti o quasi si sentono lontani – non solo geograficamente – dai luoghi dove si prendono le decisioni.

E il bello è che potrebbe succedere. Dipende da voi.

Il mio segretario, il mio PD

Elly Schlein e Andrea Ranieri. Mirko Tutino e Walter Tocci. Se c’è un’immagine che mi resta impressa nella mente alla fine della presentazione “ufficiale” della candidatura di Pippo Civati alla segreteria del PD, giovedì sera a Roma, è quella del patto generazionale. Amici e compagni di lungo corso che mettono a disposizione dei giovani la loro esperienza per rendere il PD migliore di quello che è attualmente. E lo fanno alla pari, mettendosi in discussione, contribuendo ad elaborare le proposte da offrire al Partito Democratico, ai suoi iscritti, ai suoi elettori. Sperimentalismo democratico e ricongnizione cognitiva. A chi tesseva le lodi di Fabrizio Barca senza avere la minima idea di ciò che significassero le sue parole voglio dire che noi, quel lavoro, l’abbiamo fatto. Nella mozione di Pippo c’è tutto questo. E sono orgoglioso di aver dato il mio modestissimo contributo alla formazione dei gruppi tematici che, a Roma, hanno lavorato a partire dal mese di maggio per elaborare proposte che poi sono finite nel documento congressuale. Militanti storici, neo iscritti, precari, professori universitari, ricercatori, studenti, sindacalisti, amministratori locali. Che si sono confrontati su economia, ambiente, diritti, giustizia, welfare, cultura, scuola, università, ricerca. Quello che andrebbe fatto nei circoli, appunto. Altro che votifici e sudete di autoanalisi collettiva. E, credetemi, sessantanove pagine non sono tante, se si vuole ragionare del futuro del PD e del Paese e non si vogliono lanciare spot pubblicitari, frasi ad effetto, slogan.

E poi Pippo.

La sua idea di sinistra. Le sue idee di sinistra, moderne e riformiste. Che molti vorrebbero far apparire radicali ma non si accorgono di quanto il PD, si sia spostato al centro, in questi anni (relatività applicata alla politica). Con le intese in lungo e in largo. Rinunciando a parlare in maniera chiara di uguaglianza, di beni comuni, di diritti, di ambiente, di conflitto di interesse (non solo quello enorme che tutti conosciamo, ma quelli piccolissimi che riguardano molti di noi). Perdendo per strada milioni di elettori che invece dobbiamo riportare a casa.

Pippo che non farà nemmeno una tessera, altrimenti questo congresso sarà un’altra occasione persa.

Pippo contento del fatto che sua figlia non potrà votarlo, perché tra diciassette anni di sicuro avrà smesso con la politica.

Pippo che non tira fuori la palle, perché c’è bisogno di ragionamento e non di urla. E basta con il maschilismo, anche in politica.

E chi non vuole vedere, sentire, ascoltare, resti cieco e sordo. Il cambiamento, quello vero, parte da ciascuno di noi. Altrimenti, davvero, ci terremo tutti quello che c’è.