Mentre si applaude alle primarie del prossimo 25 novembre. Mentre di declamano le virtù delle primarie, che mettono in moto la partecipazione del “popolo del centrosinistra”. Mentre si saluta il confronto televisivo tra i cinque candidati come la prova evidente della vitalità del centrosinistra. Mentre avviene tutto questo, alla luce del sole, c’è un altro pezzo di PD e di centrosinistra che lavora dietro le quinte, laddove si mischiano legge elettorale nazionale, elezioni regionali, candidati a sindaco, poltrone, promesse. Sopravvivenza. Restaurazione. La ricostruzione della vicenda è più vera che verosimile: in sintesi, uno scambio PD-UDC. Legge elettorale e appoggio ai candidati “targati PD” nel Lazio e in Lombardia in cambio del Sindaco di Roma ai centisti.
Gli sherpa, in questo caso, portano il nome di Cesa e di Migliavacca. Che non sarebbero in missione per conto di Dio, ma per le anime terrene e fallaci Casini e Bersani.
“La partita a Roma e nel Lazio, dunque, è solo un tassello di un puzzle più grande, giocato a livello nazionale, sopra la testa dei dirigenti locali dei due partiti.”
A parte sapere cosa ne pensa Zingaretti, più che sulle teste dei dirigenti locali la partita si gioca, ancora una volta, sulla testa dei cittadini e degli elettori. Di Roma, del Lazio, della Lombardia, di tutt’Italia. Le primarie, indispensabili a livello nazionale, diventano un problema sui territori.
Meglio annacquarle, allora. Oppure meglio non farle.
Occorre avere, in merito, idee chiare. E il primo candidato alla Segreteria del PD senz’altro ce l’ha.
Così, magari, non si dà l’impressione di distruggere di notte quello che faticosamente si costruisce di giorno.