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Due parole sulle primarie del PD (poi basta)

Parlando sempre da osservatore esterno, della giornata di domenica la cosa da salutare con maggiore soddisfazione è la partecipazione. In assoluto numeri inferiori rispetto al passato, ma visto lo stato di salute del PD in questo primo anno di governo fasciogrillino, e viste le batoste nei recenti appuntamenti elettorali,  un milione e settecentomila persone  (in carne ed ossa) che si sono messe in fila non sono poche, anzi. Al di là dell’esercizio di democrazia occorre anche capire da chi è formato questo milione e settecentomila persone che hanno votato.

Uno zoccolo duro di iscritti/militanti/elettori.

Un po’ di persone per dare una lezione a Renzi e ai renziani, nella speranza che davvero mettessero in atto la minaccia di andar via qualora avesse vinto Zingaretti.

Un altro pezzo per dare un segnale di resistenza democratica al governo.

E infine un’ultima porzione di partecipanti che hanno visto in Zingaretti la possibilità di una virata a sinistra del PD, nella speranza di un effetto positivo a catena per tutto il mondo disgregato della sinistra.

Vorrei soffermarmi sul secondo e sul quarto punto.

Uno dei mali della politica è il trasformismo. la politica italiana non è esente, e il PD nemmeno. Come si suol dire, molti di quelli che si sono professati bersaniani  prima, renziani poi, non hanno avuto alcuna remora a spostarsi con anticipo dalla parte di Zingaretti, avendo addorato il fieto del miccio, come direbbe Eduardo. Sempre pronti a salire sul carro del vincitore, anche in anticipo rispetto ai risultati, anzi condizionandoli sicuramente. Ma le teste sono sempre quelle,  e i modi pure, ed esprimono una concezione politica personalistica, clientelare, familistica (ripeto, da certe storture si salvano davvero in pochi, nel panorama politico italiano) che  costituisce una delle ragioni che ha alimentato la disaffezione dei cittadini alla partecipazione e  che in una certa misura ha contribuito all’allontanamento dei cittadini dai partiti di centro-sinistra, i quali hanno sicuramente un elettorato liquido più esigente rispetto a questioni di tipo “morale”. Potrei fare l’esempio della provincia di Latina, dove il 70% prendeva Renzi e il 70% prende Zingaretti, e gira che ti rigira salvo qualche eccezione i dirigenti sempre quelli sono, e si spostano laddove hanno più convenienza ad andare. Ecco, se Zingaretti vuole rendere ll PD appetibile per un certo tipo di elettorato che ha abbandonato la casa da anni, dovrà fare uno sforzo immane per liberarsi di queste incrostazioni. Avrà la forza, o la voglia, di farlo, quando ad esempio un pezzo delle vecchie classi dirigenti ex-renziane lo sostengono in maggioranza nella Regione Lazio?

Passando alla questione delle aspettative sulla direzione politica che Zingaretti darà al PD, mi permetto di coltivare qualche dubbio di fronte all’entusiasmo che alcuni manifestano con l’arrivo del neo-segretario. Io vorrei solo rammentare che in questa fase congressuale che è durata pressoché un anno non mi sembra di aver sentito parole di autocritica su quanto fatto negli anni di governo del PD, a partire dal 2011 e per finire al governo Gentiloni. Nulla sugli accordi con la Libia che hanno istituzionalizzato i lager in quel paese, nulla sulla buona scuola, nulla sul jobs-act, nulla sulle trivellazione, nulla su un piano nazionale dei trasporti, nulla sui morti sul lavoro, nulla sul lavoro povero e senza diritti, nulla sul consumo di suolo, nulla sulla lotta all’evasione fiscale, nulla sulle pensioni, sulla sanità (su questo aspetto vi consiglio di leggere Elisabetta Canitano). Non si può pensare di risultare credibili agli occhi di un popolo vittima di una diaspora e soprattutto nelle menti di un blocco sociale martoriato dalla crisi e dalla precarietà e dall’aumento delle disuguaglianze presentandosi in perfetta continuità con un recente passato che ha lasciato solo macerie nel Paese. Se pensi di rappresentare gli ultimi con ricette di destra, pensando che sia ancora il mercato a dover governare tutto,  che bastino gli incentivi alle imprese, tagliare il cuneo fiscale  e una dose massiccia di investimenti pubblici per ridare fiato all’economia, beh, allora abbiamo già dato. Il Paese ha già dato. Se invece Zingaretti mostrerà di voler allontanarsi da tutto questo, dare un taglio al passato, fare una seria autocritica e cambiare strada beh allora potrebbe aprirsi uno spiraglio per un confronto con altri pezzi della sinistra.  Certo il primo passo da segretario, dal valore politico simbolico altissimo, ossia portare il suo sostegno al movimento SI-TAV, non lascia ben sperare. Perché si parla di tattica (mettere in difficoltà il governo) e di strategia (una certa visione delle grandi opere e del modello di sviluppo del paese), mentre altre situazioni (crisi aziendali tipo Pernigotti, emergenze ambientali tipo Taranto, sfruttamento dei lavoratori tipo Amazon) avrebbero meritato di essere messi al primo posto nelle attenzioni del segretario di un partito che vuole ricucire lo strappo con pezzi di società che non riesce più a rappresentare.

No alla bretella Cisterna-Valmontone

Tommaso Conti, Sindaco di Cori, scrive al Ministro delle Infrastrutture Lupi e al Presidente della Regione Lazio Zingaretti.

Egr. sig. Ministro
Egr. sig. Presidente

In qualità di Sindaco del Comune Cori (LT) nel rispetto degli interessi dei nostri concittadini e della nostra terra, esprimo la mia più ferma contrarietà all’autostrada descritta in oggetto che ritengo inutile, devastante e costosa. Ricordo che le amministrazioni precedenti hanno espresso chiaramente, con deliberazioni consiliari, lo stesso concetto.
Le conseguenze sarebbero disastrose sul piano paesaggistico come su quello economico. Le zone interessate, a partire da Aprilia e Cisterna, attraversando il territorio di Cori, Velletri, Lariano, Artena, Labico e Valmontone hanno una forte vocazione agricola (il kiwi, l’olivo e soprattutto la vite) e con l’attraversamento di un’arteria larga 24 metri (10+10 di rispetto), si smembrano, si espropriano, si inquinano aziende di agricoltura biologica, con conseguenze gravissime sul piano dell’occupazione.
Per quanto riguarda anche l’intasamento della Via Pontina, il problema non si risolve con l’autostrada, ma riducendo l’uso del mezzo privato su gomma e per questo è fondamentale costruire la metropolitana leggera Roma-Pomezia-Ardea e potenziare la rete ferroviaria pontina per il trasporto pubblico dei pendolari e delle merci, le autostrade del mare per il trasporto merci.
CHIEDO che le risorse economiche stanziate per l’autostrada Roma-Latina e la bretella Cisterna-Valmontone non vadano perse o impegnate per altre opere, ma stornate a favore del potenziamento della rete ferroviaria regionale: raddoppio della Velletri-Ciampino e il rafforzamento della Cisterna-Roma, dell’adeguamento in sicurezza di tutta la Via Pontina, considerato la sua tremenda pericolosità che in 20 anni ha procurato la morte per incidenti stradali di 560 persone.
Tra l’altro, tale richiesta è conforme all’art. 20 del disegno di legge 1248/13 di conversione del “decreto fare”.

Certo di un Vostro cenno di riscontro positivo, porgo i più cordiali saluti.
IL SINDACO
Avv. Tommaso Conti

Di comitato in comitato

Ma, dico, era proprio necessario istituire il “Comitato per la Legislazione”, organo voluto da Nicola Zingaretti per “esigenze di semplificazione normativa regionale, di decentramento delle funzioni amministrative e di attuazione della normativa europea inerente materie di competenza regionale”?

E aggiungo: se era prorpio necessario, era altrettanto necessario nominare nel comitato Paolo Gentiloni, già candidato alle primarie per il Sindaco di Roma, parlamentare del PD? Ma è sempre così normale accumulare incarichi?

Sarà una sindrome

Quella di cui sono affetti motli big del PD. Almeno quelli che, negli anni, sono stati individuati come potenziali leader del Partito Democratico. Ma sono arrivati a farsi avanti nei modi e nei tempi sbagliati. Ne parla Luca Sofri qui:

“Curiosa anche questa frequenza di leader che “non se la sentono” mai quando c’è da fare cose sovversive e di cambiamento, e arrivano alla stessa decisione solo quando ce li trascina la corrente e la loro disponibilità non rischia di far alzare nemmeno un sopracciglio. Leader per non disturbare.”

Oggi tocca a Chiamparino, a Cuperlo. Ieri a Veltroni. Domani a Zingaretti, forse. Tutti sulla linea di partenza, pronti a spaccare in quattro il partito, per cambiare il Paese, salvo poi essere fermati dall’attrito di primo distacco, quello che bisogna vincere per spiccare il volo. Quello che senza coraggio rimani a terra tu e l’equipaggio. E se proprio ce la fanno a partire fanno la fine fdegli aerei che hanno rullato talmente tanto sulla pista che fanno un giro sull’aeroporto e subito attrrano perchè sono rimasti a secco. Si attendono le condizioni favorevoli, che poi quali sarebbero se non l’accordo delle correnti per garantire se stessi in congressi dal risultato già scritto. O il permesso di qualche sponsor, che a quasto punto sarebbe meglio se ci mettesse la faccia in prima persona. 

Beh, c’è chi il volo ha deciso di prenderlo sei mesi fa, e di candidarsi alla guida del PD senza avere nessuno dietro. E di sopracciglia ne farà alzare. E ne darà disturbo, Pippo Civati. E con lui le persone che si stanno facendo avanti per dare una mano. Perchè non abbiamo bisogno di uomini soli al comando, ma di pensare al PD come ad un progetto collettivo, aperto alla partecipazione di tutti.

La lettera di Tommaso

Nei giorni scorsi Tommaso Conti, Sindaco PD di Cori ha inviato a Nicola Zingaretti la lettera che vi riporto integralmente. Mi ha emozionato Tommaso, perchè dalle sue parole traspare la passione per il suo ruolo e per la politica, l’amore per comunità che amministra, la fiducia nelle istituzioni. Ma anche la delusione per quello che è il PD (o quantomeno buona parte di esso) anche nel nostro territorio, per tutto quello che doveva eseere fatto e non è stato fatto, per le difficoltà che ha la politica a dare risposte ai suoi concittadini. Io spero vivamente che Tommaso non appenda la bici al chiodo, perchè è proprio di persone come lui che il PD e il Paese hanno bisogno.

Lettera aperta a Nicola Zingaretti, presidente della Regione Lazio
 

Caro Presidente, scrivo questa lettera in questa forma perchè non riesco ad individuarne altre. La politica è ormai diventata tutta virtuale e non si riesce più a parlare guardando negli occhi nessuno. I partiti e le loro sedi abituali sono ormai completamente scomparse, nei paesi, nelle federazioni provinciali, ovunque. Nella mia federazione provinciale è ormai guerra di bande e non so se ci sia un solo partito o più correnti alternate.
Sono il Sindaco di Cori, paese di circa 11.500 abitanti; non il più grande del Lazio, ma neppure il più piccolo. Alle ultime elezioni amministrative abbiamo conseguito il 65% dei consensi, senza alleanze al centro o a destra.
Nelle elezioni regionali Nicola Zingaretti ha conseguito oltre il 50% dei consensi; nonostante una discreta presenza di grillini nelle elezioni politiche, oltre il 20%, il Pd a Cori ha ancora il 37%. Però se continua così, non poter mai parlare con nessuno, non poter dire mai la propria, non avere organismi di consultazione in cui affermare il proprio punto di vista, temo che alle prossime elezioni ci faremo grillini tutti. Anzi, si faranno grillini tutti, perchè io faccio il Sindaco da quasi sei anni, e se riuscirò a terminare questo mandato, alla fine appenderò la bici al chiodo, perchè la mia strada è finita. Troppa fatica e non si capisce neppure più perchè e per chi.
Una volta la politica aveva una sua valenza ideale, attività in grado da sola di dare un senso ad una vita, ora non ce l’ha più.
Se uno non può confrontare mai il proprio punto di vista con nessuno, se non esiste una tensione ideale, ma chi ce la fa fare tutta questa fatica ?
Tutto il giorno a correre dietro alle buche, ai debiti, alle scuole che cadono, ai cittadini in bolletta, anzi stremati dalla impossibilità di pagare le bollette, senza la possibilità di intravedere neppure una luce all’orizzonte, e neppure di tentare di individuarla con gli altri. La politica deve contenere una speranza, non può essere solo una fatica, e se una fatica deve essere, almeno che sia collettiva e condivisa.
Tu hai nelle mani una speranza; una delle ultime. Vedi di non sprecarla, perchè alttrimenti ci arrendiamo in molti.
Ascolta e decidi. Non fermarti nelle scelte, anche in quelle dei ruoli, alle solite congreghe; nella riduzione delle indennità, degli apparati, procedi drasticamente. In Italia c’è bisogno di tagliare privilegi; prima di tagliare le pensioni Monti avrebbe dovuto tagliare le indennità, le pensioni d’oro, gli stipendi dei grand-commis, i militari, i magistrati, i dirigenti di stato e delle regioni, gli stipendi d’oro delle partecipate; a proposito nella Regione Lazio in particolare c’è molto da fare per sfoltire i ranghi dirigenziali di persone incompetenti e inadeguate. Mio padre, che ha lavorato per una vita e a settantacinque anni ancora lavora, nonostante le ossa cigolanti, li chiamava mangia pane a tradimento.
Le comunità montane a che servono ? Eliminale. La tassa di bonifica perchè la debbono pagare solo i contadini ? E tutti gli altri che usufruiscono della bonifica ? Deve rientrare nella fiscalità generale. Oppure togliere i consorzi e redistribuire funzioni e dipendenti tra i comuni. I Comuni aiutateli; sono ancora l’ultima cerniera tra i cittadini e le istituzioni, perchè rappresentano nella storia italiana, la prima vera istituzione; la civitas, i municipia, il Comune medioevale. Quelli a cui i cittadini ancora si rivolgono con un certo garbo, qualche volta ancora con rispetto.
I soldi spendeteli nelle cose essenziali: le scuole, la sanità, la manutenzione e sicurezza; l’equilibrio idro – geologico del territorio.
Tieni conto di questo, perchè altrimenti tutti a casa; ognuno per sè e Dio per tutti. Per qualcuno è peggio, per qualcun altro è una liberazione.
Distinti saluti
Tommaso Conti

Alla Regione Lazio scegli Fabio Luciani, democratico

Siamo ormai a due giorni dal voto e per me la sobrietà rimane la priorità. Sarà forse impopolare ma ho scelto di non festeggiare la chiusura della campagna elettorale. E’ impensabile dopo gli scandali della Regione Lazio e dell’Italia in generale, di poter trovare il coraggio di festeggiare e di investire risorse in spumante e torte. Se ho deciso di non lasciare spazio allo sperpero di denaro è perché credo in una politica sana, che festeggia in unico modo, stando tra la gente e non solo il mese prima del voto. Festeggeremo con i fatti quando saremo in Regione, rimboccandoci le maniche, lottando alla corruzione e riportando la politica tra la gente. Non posso condannare chi ha scelto di chiudere la campagna in grande stile, in grandi hotel, in ristoranti o locali rinomati. Per quanto mi riguarda però preferisco chiudere la campagna continuando a stringere mani e scambiare opinioni per le strade e nelle piazze, nei negozi, o come è capitato proprio questa mattina nelle case di chi mi invita a salire a prendere un caffè.

Questo è Fabio, ragazzi. Da due anni e più condivido con Fabio l’attività politica, la nostra visione del PD. Abbiamo condiviso battaglie nella direzione provinciale e regionale: primarie per i parlamentari, trasparenza dei contributi degli eletti, stop ai doppi incarichi, rispetto dello statuto, valorizzazione merito, no alle alleanze con l’UDC, no alla ricandidatura dei consiglieri regionali uscenti, maggiore sobrietà della politica, no ai manifesti abusivi. Se volete cambiare tutto alla Regione Lazio votate per Fabio. Fidatevi.

I giovani (bugiardi) dell’UDC della provincia di Latina

Ci ho pensato, prima di scrivere queste due righe. Ho pensato se valesse la pena di fare pubblicità indiretta a chi racconta balle degne dei migliori (o peggiori, fate voi) contaballe del Paese. Però davanti alla menzogna non resisto. Perchè di menzogna si tratta, quando Gerardo Stefanelli accusa Nicola Zingaretti di essere un falso moralizzatore:

La risposta di Nicola la trovate qui:

“Nella vicenda sollevata non c’è quindi alcunché di anormale né, tanto meno, alcunché di illegale. L’iniziativa del Partito Radicale si prefigura quindi come un osceno tentativo di discredito di una persona perbene, una macchina del fango in piena campagna elettorale. Per questo ho dato mandato ai miei legali di presentare una querela per diffamazione.”

Sia chiaro, non è che mi aspettavo qualcosa di diverso da chi ha costruito una carriera politica all’ombra della famiglia Forte.

Diffidate, gente. Non c’è cosa peggiore di un giovane già vecchio dentro.

 

La buona creanza

Ora io capisco la rappresentatività, l’esperienza, il consenso. Capisco pure i voti, così scendiamo terra terra. Però penso che gli elettori vadano rispettati. Soprattutto quando ti affidano un mandato, qualche mese fa. Tipo a consigliere comunale. Perchè non trovo corretto candidarsi a tutto. E allora chiedo ai candidati PD della provincia di Latina a Camera, Senato e Regione Lazio che si trovano nella potenziale situazione di cumulo di incarichi di rassegnare le proprie dimissioni all’atto dell’accettazione della candidatura.

Coma profondo per il PD provinciale

Un mio intervento che spero sia da stimolo al Partito Democratico della provincia di Latina.

In vista delle elezioni del 10 marzo, un appuntamento di importanza epocale per la vita del nostro Paese e delle nostre comunità, il Partito Democratico della Provincia di Latina brilla per la sua assenza. Direttamente proporzionale all’attivismo dei suoi dirigenti, mai così in fermento in vista della composizione delle liste.
Sono mesi, ormai, che non sono convocate né la Direzione Provinciale né l’Assemblea Provinciale.
Non si è sentita l’esigenza di compiere un’analisi approfondita dell’esito del voto amministrativo di maggio, così come si è preferito soprassedere dallo svolgere qualsiasi confronto su quanto accaduto al Consiglio Regionale del Lazio. Eppure le vicende che hanno coinvolto anche il gruppo consiliare del PD, lungi dal poter essere accumunate agli episodi di malaffare ormai a tutti noti, avrebbero meritato quantomeno un momento di riflessione collettiva.
E invece nulla, silenzio assoluto.
In vista delle primarie del centrosinistra del 25 novembre non un confronto aperto tra le varie proposte in campo, ma iniziative dei singoli comitati promotori, funzionali alla campagna elettorale vera e propria che inizierà a breve.
Fioriscono quindi candidature di esponenti del partito pontino per le elezioni regionali, candidature che nascono nei caminetti romani e si autoalimentano nelle correnti. Tutte le scelte sono fatte nell’ombra e sulla testa degli iscritti, dei militanti, dei circoli, dei territori, dei cittadini.
Non può più funzionare così. Ciò che sta succedendo in questi giorni è esattamente ciò che è successo da sempre.
Chiedo sommessamente di cambiare registro.
Chiedo di convocare quegli organismi dirigenti che da troppo tempo non sono più consultati per prevedere forme di partecipazione alle scelte che si stanno compiendo che siano le più ampie possibili.
Propongo di organizzare un giorno delle primarie, nel mese di gennaio. Una giornata nella quale tenere le primarie per la definizione delle liste del PD alla Regione Lazio e per la scelta dei candidati di Camera e Senato.
Un unico grande giorno di partecipazione di iscritti, elettori, cittadini ai quali aprirsi per condividere le nostre scelte.
Le elezioni si possono vincere bene o vincere male.
Si può finalmente offrire il segno tangibile della volontà di percorrere strade diverse. Oppure ci si può accontentare di camminare sui sentieri che ci hanno condotto fin qui.
Si possono addirittura perdere, le elezioni, soprattutto in un territorio difficile come quello pontino, se non saremo capaci di interpretare il malessere e la sfiducia nei partiti che ormai pervade  settori sempre più larghi della società e dell’elettorato.

Se Penelope non lavora per la ditta

Mentre si applaude alle primarie del prossimo 25 novembre. Mentre di declamano le virtù delle primarie, che mettono in moto la partecipazione del “popolo del centrosinistra”. Mentre si saluta il confronto televisivo tra i cinque candidati come la prova evidente della vitalità del centrosinistra. Mentre avviene tutto questo, alla luce del sole, c’è un altro pezzo di PD e di centrosinistra che lavora dietro le quinte, laddove si mischiano legge elettorale nazionale, elezioni regionali, candidati a sindaco, poltrone, promesse. Sopravvivenza. Restaurazione.  La ricostruzione della vicenda è più vera che verosimile: in sintesi, uno scambio PD-UDC. Legge elettorale e appoggio ai candidati “targati PD” nel Lazio e in Lombardia in cambio del Sindaco di Roma ai centisti.
Gli sherpa, in questo caso, portano il nome di Cesa e di Migliavacca. Che non sarebbero in missione per conto di Dio, ma per le anime terrene e fallaci Casini e Bersani.

“La partita a Roma e nel Lazio, dunque, è solo un tassello di un puzzle più grande, giocato a livello nazionale, sopra la testa dei dirigenti locali dei due partiti.”

A parte sapere cosa ne pensa Zingaretti, più che sulle teste dei dirigenti locali la partita si gioca, ancora una volta, sulla testa dei cittadini e degli elettori. Di Roma, del Lazio, della Lombardia, di tutt’Italia. Le primarie, indispensabili a livello nazionale, diventano un problema sui territori.

Meglio annacquarle, allora. Oppure meglio non farle.
Occorre avere, in merito, idee chiare. E il primo candidato alla Segreteria del PD senz’altro ce l’ha.
Così, magari, non si dà l’impressione di distruggere di notte quello che faticosamente si costruisce di giorno.