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Scaldiamo i motori

Alla fine dell’intervista, incentrata sulla situazione della Lombardia e sulla necessità di svolgere le primarie per la scelta del successore di Firmigoni:

“Certo che sono pronto. Ma anche a sfide diverse come fare il segretario del PD.”

E pure noi siamo pronti, Pippo.

Il congresso della chiarezza

Beh, a leggere Pippo, oggi, sembrerebbe che il congresso del PD si avvicini. E in effetti sarebbe il caso di farlo prima, delle elezioni del 2013, e non dopo. Quantomeno se ne parlerà nella prossima direzione nazionale. Si porrà la questione della leadership, se non altro perchè come da Statuto il segretario del PD è anche il candidato premier del PD in eventuali primarie di coalizione.

Però il dibattito, se congresso sarà, non può incentrarsi esclusivamente sulla leadership. Ci vuole una proposta politica chiara, che prescinda da Pierfurbi Casini. Sì, sempre lui. E il ragionamento è semplice. Pierfurbi tiene sulla corda chi sta alla sua sinistra e chi sta alla sua destra. Forse perchè, in questa fase politica, le proposte che provengono dai due schieramenti non sono così distanti? E allora non è il momento di fare delle scelte di campo nette sul lavoro, sui diritti, sull’ambiente, sulla partecipazione, sui costi della politica, sui mandati elettorali, sull’economia, sull’Europa,  a prescindere da quello che dice, pensa, vuole Pierfurbi? In Francia Hollande e Sarkozy hanno presentato due “piattaforme” antitetiche, quasi un ritorno alle ideologie novecentesche. Chapeau. Vogliamo dimostrare, una buona volta, che il Paese è in grado di tirarsi fuori dal pantano del compromesso, del vorrei ma non posso, dell’ambiguità? Guardate che M5S è alle spalle, e il fiato ce l’abbiamo già sul collo, e rischiamo di perderla per sempre, quella parte del Paese che sta cercando disperatamente una rappresentanza politica. 

Piace vincere facile (fosse vero)

E comunque direte voi: e il senso di responsabilità, e non si vince sulle macerie, e la Grecia, e il default, e la crisi. Tutto giusto. Però…

Stefano Menichini, però, ci dice giustamente,che forse uno sforzo in più va fatto, nel 2013.

L’anomalia del 2013 sarà tutta politica. Gli attacchi di Hollande a Sarkozy sono oggi la malinconica metafora dell’impossibilità per il Pd di costruire una campagna elettorale relativamente “facile” contro il flop economico e sociale del centrodestra. Troppo tempo e troppi cambiamenti saranno intercorsi, nel 2013, rispetto all’era di Tremonti e Brunetta, Gelmini e Calderoli. Gli italiani avranno in testa quasi solo la mini legislatura montiana, della quale peraltro i partiti duellanti saranno stati, nel bene e nel male, corresponsabili. Se parlare molto del passato è scelta opinabile in campagna elettorale, occuparsi troppo del passato remoto è un azzardo. Forse per una volta in Italia nel 2013 succederà davvero, per forza di cose, che chi vorrà vincere le elezioni dovrà sforzarsi di proporre solo miglioramenti tangibili per il futuro.

Da Bersani o chi per lui. Oddio, per Bersani pirsonalmente di pirsona la vedo dura, se il PD non si dà una smossa.

Avanti così

Popolino strepitoso, direi. Lo ri-posto tutto, a passata, presente e futura memoria. Anche la mia.

Ci vuole davvero una gran faccia da culo, per presentarsi giusto ieri con una proposta per dimezzare il finanziamento pubblico ai partiti.
Ci vuole una gran faccia da culo, quando non più tardi di una settimana fa ci si era limitati a una proposta vaghissima, concordata in qualche riunione notturna con Alfano e Casini, che si limitava a proporre altrettanto vaghi meccanismi di controllo, peraltro addirittura peggiorativi rispetto a quelli vigenti. Giacché è del tutto chiaro che i controllati non possono poter nominare i controllori: altrimenti ci stiamo pigliando per il culo, e persino la limitatissima proposta del ’93 prevedeva che quel compito spettasse a una sezione della Corte dei Conti estratta a sorte, per dire.

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Communication

Filippo Ceccarelli, oggi su Repubblica:

I sondaggi sballati, le campagne di affissioni a capocchia, gli spin doctor della malora: vengono i brividi a pensare quanti milioni partiti, questi partiti, hanno sborsato per “migliorare”, come si illudevano, la comunicazione. Per ritrovarsi oggi al grado zero della credibilità, all’apice del discredito e l’impressione è che la giostra sia appena all’inizio.

E se volete approfondire l’argomento, leggete Spotpolitik, di Giovanna Cosenza.

 

‘gna fanno

Da zero a dieci, quanto s’è fatta complicata la situazione, per il PD? Facciamo 100, e arrotondiamo per difetto. Al netto del sostegno al governo Monti, che si sapeva non sarebbe stata una passeggiata per il profilo non propriamente riformista del governo stesso e per le oggettive difficoltà economiche in cui versa il Paese, però bisogna dire che il PD ci sta mettendo del suo per evitare di conquistare la fiducia dei cittadini. Capita così che, di fronte all’ineluttabile quanto auspicabile calo di consensi dell’asse PDL-Lega, non si registri uno spostamento di voti a favore del PD, cosa che succederebbe e succede in tutti i paesei normali. Cala il centrodestra? Va meglio il centrosinistra. E viceversa. Da noi no. Io un sospetto ce l’ho sempre avuto. Non basta essere persone per bene, competenti (che già di questi tempi non è poco) per conquistare la fiducia dei cittadini. Bisogna avere un progetto. E il PD, mi dispiace dirlo, un progetto chiaro e riconoscibile non ce l’ha. Soprattutto un progetto che segni un cambio di passo, di mentalità, di prospettive, non ce l’ha. Anzi, tutte le riforme o presunte tali di cui si discute in questi giorni fanno pensare ad un istinto naturale di autoconservazione più che ad un progetto politico per il paese. La riforma elettorale? Un proporzionale mezzo tedesco che non restituisce ai cittadini il potere di scegliere i propri rappresentanti e la coalizione da cui farsi governare. Le primarie per la scelta dei candidati a Camera e Senato? Alla maggior parte dei massimi dirigenti del PD viene l’orticaria solo a sentirla nominare. La riforma del mercato del lavoro? Chiedete ai precari se cambia DAVVERO qualcosa per loro. La riforma della giustizia? Condizionata dai diktat berlusconiani. La riforma del finanziamento ai partiti? Non si tocchino i finanziamenti pubblici, e detto da un partito che dice, testualmente, di rischiare la bancarotta fa venire più di un dubbio su come vengano gestiti i fiumi di miliardi che giungono anche nelle casse del PD.  Leggo di una proposta di Franceschini, concordata con Bersani, che vorrebbe istituire, durante questa legislatura, un senato costituente per realizzare le riforme. E chi sarebbero gli zii costituenti (niente padri, paragoni con l’assemblea costituente del ’46 meglio non farne, grazie)? Quelli che oggi siedono in Senato? L’errore più grande, in questa fase politica, è credere che il sistema abbia la capacità di autoriformarsi. E di mettere sul piatto proposte politiche innovative, lungimiranti, che guardano al futuro e sappiano parlare con credibilità a vecchie e nuove generazioni senza alimentare il conflitto sociale già in atto. Del resto, se non ne sono stati capaci per vent’anni o forse più, perchè dovrebbero esserne capaci oggi? Se non hanno avuto cura del futuro del Paese a partire dal ’93, quali proposte potrebbero formulare oggi? E poi, con quale credibilità? E pi si lamentano di Grillo e dell’astensionismo. La chiamano antipolitica, ma non hanno capito un cazzo.

 

 

Senza ipocrisia, grazie.

Violante disse di voler rinunciare, per fare largo ai giovani. Fu uno dei pochi. Disse di volersi dedicare all’insegnamento e alla formazione politica. Poi, in realtà, si mise ancora direttamente a disposizione del Pd e di Bersani, divenendo responsabile delle Riforme: uno degli incarichi più importanti e strategici, che non a caso si è tradotto nell’impegno diretto nella riforma del sistema elettorale di cui si discute in queste ore.

Ora, se vogliamo prendere le cose nel verso giusto, e usare le parole in modo appropriato, fossi in lui non mi appellerei all’«ipocrisia», perché in questa storia ce n’è già a sufficienza.

Lo stesso vale per altri importanti big del Pd. A cui mi rivolgo, con gentilezza, per chiedere a ciascuno di loro, fin da ora: intendete rinunciare a candidarvi ancora, nel 2013, dopo aver concluso il vostro terzo mandato (così come previsto dallo Statuto del Pd, che è stato scritto proprio dai big di cui stiamo parlando) oppure intendete chiedere la deroga, prevista in casi eccezionali, che vi sentite di rappresentare? E, nel caso, «per fare largo ai giovani», quali saranno le vostre prossime mosse?

Ecco, ci piacerebbe saperlo oggi, perché la campagna elettorale è già iniziata. Ed è giusto non prendere in giro gli elettori.

Siamo certi che tutti risponderanno prontamente. E, ovviamente, senza alcuna ipocrisia. Perché non è da noi.

Il resto lo trovate qui.

Porcellum, maialinum, macellum, bersanellum. In sintesi, schifìum.

Della riforma-truffa della legge elettorale ne parla anche Pippo, qui.

Dal conflitto d’interessi, insomma, siamo passati alla convergenza di interessi. Ne beneficiano tutti: quelli in crisi di consenso (come Alfano), quelli dalla coalizione perennemente incerta (Bersani), quelli che si ritroveranno con pochi voti, come al solito, ma nelle condizioni di determinare gli equilibri del nuovo governo e di prendersi tutto il cucuzzaro (Casini).

Del resto, il ritorno in grande stile dei personaggi che hanno calcato le scene in questi anni, in tutti gli spazi disponibili, ci dice anche che nessuno crede a una legislatura di rigenerazione, ma piuttosto a una legislatura che si regga sul patto tra forze politiche già esistenti (e i loro attuali rappresentanti).

Perché siamo tornati indietro di vent’anni, è chiaro?

Quindi, niente più bipolarismo, niente revisione sostanziale del bicameralismo (si parla di un pasticciatissimo «bicameralismo eventuale»). Però i partiti potranno indicare sulla scheda il nome del candidato premier. Salvo poi sceglierne un altro, se nessuno dei partiti dovesse avere la maggioranza.

E pensare che il Pd era nato per un bipolarismo forte (addirittura un bipartitismo, in una prima fase), che non ci piaceva più l’indicazione del premier sul simbolo, che tenevamo moltissimo alla governabilità e che soprattutto volevamo offrire ai cittadini impegni chiari, nitidi e inequivocabili prima delle elezioni (non gli accordi di Palazzo dopo le consultazioni). E per quanto riguarda la nostra famosa linea, si rileva che in due anni siamo passati dall’uninominale a doppio turno, al modello ungherese, a quasi sostenere (ma senza troppa convinzione) il ritorno al Mattarellum e, infine, a un proporzionale leggermente corretto.

Quanto alle scelte dei cittadini rispetto ai loro rappresentanti, le liste saranno bloccate, e non ci saranno preferenze. Secondo voi, i candidati, chi li deciderà?

A sentire il Franceschini di ieri, e il suo violento attacco alle primarie per scegliere i parlamentari, saranno quelli come Franceschini.

Con il cuore a Milano

Il mio amico Gianclaudio, con il quale condivido tante delusioni ma anche tante speranze. Io non parto come lui, ahimè. Ma è come se fossi in quella valigia. E in quel circolo magico di via Bellezza, dove tutto è partito.

Stanotte si parte. Per Milano, Circolo Arci Bellezza. Qualcosa di nuovo.

Partirò in treno. Con la valigia di cartone carica di speranza.

Sento di volermi occupare di politica sin da bambino, ma oggi sento anche di essere ad un punto di svolta definitiva.

Devo decidere se occuparmene a pieno o mollarla. A volte sento di non essere fatto per questa politica. Troppi interessi, troppe strategie. Troppi discorsi che faccio fatica ad accettare.

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