Archivio mensile:Novembre 2011

Quella piazza in silenzio

Il mio primo concerto serio l’ho visto il 31 ottobre del 1985. Eric Clapton, al Palamaggiò di Caserta. Avevo 14 anni. I concerti della mia adolescenza sono stati tutti esaltanti. Sembrava che ogni volta avessi assistito al miglior concerto cha avessi mai visto. Ho visto grandi artisti, ma era anche l’età. Con il passare del tempo sono diventato più esigente. E all’attesa dell’evento non corrisponde quasi più un senso di soddisfazione completa per lo spettacolo appena visto. Possono  suonare i pezzi storici, le hit migliori, quelle che mi facevano emozionare da ragazzino. Ma spessissimo torno a casa con un senso di incompiutezza, con un pò di amaro in bocca, con la sensazione di inevitabile routine. L’eccezione è Springsteen.

Oggi sono tornato a casa da San Giovanni con la stessa sensazione. E non c’era Springsteen sul palco. Mi sono chiesto più volte chi li scriva i discorsi, a Bersani. E se sia ancora il caso, oggi, di proporre alla piazza e al paese un polpettone che non è nemmeno in grado di suscitare emozioni particolari in chi ascolta. L’applausometro è stato, salvo in un paio di passaggi, sul rosso fisso. Sembrava che il pubblico fosse in sala d’attesa dal medico (questa l’ho rubata a Fabio che era con me), non in piazza San Giovanni ad ascoltare il leader di un’opposizione che vuole convincere il Paese a dargli fiducia. E quando Bersani ha ribadito per l’ennesima volta la sua linea politica (e sottolineo la sua), ossia la necessità di un’alleanza con i moderati (ma senza rifare l’Unione, per carità) sulla piazza è calato il gelo assoluto. Un silenzio irreale. Le persone si guardavano le punte delle scarpe.

Bastava poco, ma davvero poco a risvegliare i democratici presenti oggi in piazza, visto quanto il popolo del PD sia in astinenza di emozioni. Facciamo un terzo di quello che molti di noi vorremmo sentir dire da un segretario del PD, oggi. E invece ce torniamo a casa con quel senso di incompiutezza e un pò di amaro in bocca, manco fossi andato ad ascoltare Gianni Morandi.

Una storia del sud

Na tazzulella ‘e cafè…cu ‘a sigaretta ‘a coppa pe’ nun vedé…
S’aízano ‘e palazze, fanno cose ‘e pazze, ce girano, ce avòtano,
ce jéngono ‘e tasse… E nuje passammo ‘e guaje, nun putimmo suppurtá…
e chiste, invece ‘e dá na mano, s’allisciano, se váttono, se mágnano ‘a cittá!…

Il mio amico Gaetano ha studiato, è ingegnere civile. Vive in un paese alle porte di Napoli, uno di quei posti che se non ci nasci non puoi capire.  Vuole fare la professione, deve essere un vizio di famiglia. Padre geometra, fratello ingegnere pure lui. Si laurea presto presto e inizia a lavorare in proprio. Le case si costruiscono, dalle sue parti. E lui fai calcoli per case a tre piani che saranno costruite in una settimana, alla faccia del cemento che deve maturare, tanto, ingegnè, ce mettimm’ ll’additivo. Tutto abbusivo. Poi ci pensa il proprietario a sanare la questione, basta fare una DIA fasulla e oplà, la casa fatta da zero diventa la ristrutturazione di una casa degli anni ’40. Chi deve controllare non controlla. I vigili urbani, la ASL, l’ispettorato del lavoro. Tutti quanti. Quelli chiamano prima di arrivare, in cantiere. E allora il capomastro gli dice: jammuncenn’ a piglia’ o’ ccafè. E tutto si acconcia, come per miracolo.

Gaetano non ce la fa più a fare le case così. Se non vuoi fare le case per i privati puoi sempre provare a lavorare per le pubbliche amministrazioni. E Gaetano trova i politici, di tutti i partiti, destra e sinistra. Gaetà nun ce sta problema, io l’appaltino te lo do. Ventimila euro di incarico, cos’ non serve nemmeno la gara. A te 17 mila, a me tre mila. ci stai?

E poi ci sta la camorra. Quella ll’è pavà sempre.

Il vicino di casa di Gaetano è un onorevole, ma a quella porta lui non ci ha mai bussato. I colleghi di Gaetano invece fanno la fila davanti alla sua porta, e quello per toglierseli dalle palle qualche cosa gliela allunga. I colleghi ingegneri di Gaetano faticano tutti quanti.

Il padre gli ha insegnato che si può anche essere comprensivi, vedere quello che si può fare e quello che non si può fare. Però gli ha anche detto che appena vede una busta li deve sbattere fuori dalla porta, perchè quelli si fottono la tua libertà.

Gaetano se ne va. Non ce la fa più. Chiude lo studio e se ne va a Roma, a fare il precario. I colleghi ingegneri sono rimasti e s’aizan’ e’ palazz’.  Mi dice con tanta amarezza che le cose, da quelle parti, non cambieranno mai. Io vorrei dirgli che non è così, che una speranza ci sta sempre, ma forse non ci credo tanto nemmeno io.

È il destino di certe terre, perdere i loro figli migliori. Una terramadre un pò zoccola che prima ti dà la vita, e poi ti tradisce e ti toglie ogni speranza.

#OccupyPD #novitalizi – Atto secondo

Nei giorni scorsi abbiamo dato il nostro contributo all’iniziativa lanciata da Pippo per dare sostanza agli hashtag #OccupyPD e #novitalizi. E abbiamo quindi scritto al nostro consigliere regionale Claudio Moscardelli.

Oggi Claudio ci ha risposto così.  Grazie Claudio.

Abbiamo proposto: 1) l’abolizione dei monogruppi, ossia la formazione di gruppi consiliari con un solo consigliere regionale, proposta approvata dalla giunta per il regolamento e da votare in Aula; 2) la diminuzione delle commissioni consil…iari; 3) l’abolizione del vitalizio e il passaggio ad un trattamento esclusivamente contributivo. Quest’ultimo punto è oggi oggetto di impegno da parte della conferenza dei Presidenti delle Regioni e presto si tradurrà in provvedimenti conseguenti. A livello di legge elettorale, dopo la diminuzione dei consiglieri da 70 a 50, abbiamo proposto, tra l’altro, l’abolizione del listino e la doppia preferenza di genere. Ritengo necessario anche diminuire l’ampiezza della circoscrizione elettorale Roma-Roma provincia. Si tratta di una circoscrizione di 4,3 milioni di abitanti su una regione di 5,8 milioni di abitanti che esprime oltre il 70% dei seggi: è evidente lo squilibrio che produce a livello di rappresentanza e di scelte ed inoltre impegna i candidati sul piano economico in modo eccessivo. Ridurre l’ampiezza delle circoscrizioni elettorali a non più di 500 mila abitanti sarebbe una soluzione valida. detto questo ritengo che l’attenzione debba essere centrata di più sul governo regionale e sui governi in genere, altrimenti l’unico punto di crisi diventano le assemblee elettive e non i governi che amministrano male e che soprattutto spendono di più. Due esempi: durante la Giunta Storace i dirigenti della regione sono passati da 200 a 600, quando la Lombardia ne ha 180. Durante la legislatura scorsa, abbiamo riportato i dirigenti a poco più di 200. Le società regionali durante la scorsa legislatura sono diminuite mentre la Polverini ne ha attivate di nuove, ha nominato tutti assessori esterni, tranne due, con aggravio dei costi e ha speso per esempio 15 milioni di spesa corrente per la pubblicità all’aeroporto di Fiumicino con un solo provvedimento a luglio scorso. Poi sono 18 mesi che la Regione non fa un solo investimento in conto capitale per opere pubbliche nei comuni della regione.

Saluti, Claudio Moscardelli

Ottimo inizio, ci sembra. Però siccome l’osso non va mollato con facilità, abbiamo subito chiesto a Moscardelli, consigliere regionale e consigliere comunale a Latina, se non ritenga necessario anche porre fine all’usanza di mantenere doppi incarichi. Stay tuned!

#OccupyPD – #novitalizi

#OccupyPD #novitalizi – Atto primo

È partita la campagna per far si che #OccupyPD non rimanga solo uno slogan, ma  si concretizzi con l’azione. Ho scritto al mio consigliere regionale di riferimento, Claudio Moscardelli. Aspetto la sua risposta e vi faccio sapere.

Ciao Claudio,
in un momento così difficile da un punto di vista economico per il Paese e per larghissimi settori della società, è necessario che chi fa politica, ed in primis chi è stato eletto nel PD, si faccia promotore di iniziative legislative che abbiano lo scopo di ridurre quei privilegi che alimentano continuamente sentimenti di diffusa avversione nei confronti della politica stessa.
Ti chiedo quindi di rendermi partecipe delle iniziative da te intraprese, unitamente al gruppo consiliare del PD, per ridurre tutto ciò che va sotto il nome di “privilegi della politica”.
Certo di una tua cortese risposta, ti auguro buon lavoro.
Un caro saluto.
Raffaele Viglianti.

 

La lettera di Pippo al PD per #OccupyPD

Quando si dice unire, e non dividere. E donarsi al PD, e donare al PD proposte, idee, soluzioni. Biologia, per dirlo alla Ilda. E che a Roma, sabato, sul palco ci siano tutti, ma proprio tutti, e alla moschettiera, uno per tutti e tutti per uno. Per il Paese. E anche per togliere fiato a chi nelle nostre divisioni, vere o presunte, ci sguazza. Non c’è altra strada, per il PD, che quella indicata da Pippo, sennò non rimarrà nè la forza nè la voglia di impugnarli, quei forconi. Un pezzo del PD c’è: che sia così per tutti.

Il momento è di quelli in cui serve la politica, come poche altre volte nella vita, potremmo dire. La politica. Quella buona. Quella che include e che decide. Che non si divide tra questo o quello, ma che rappresenta un Paese.

La mia domanda è semplice: ci sono un sacco di persone che bussano alla porta, che faticano ad ammetterlo ma sanno che il Pd può essere il principale (se non l’unico) strumento di democrazia e di cambiamento. Che si aspettano molto da noi e che non vogliono più essere tradite dalle nostre incertezze, dalle fughe in avanti di qualcuno ai passi indietro di altri.

Il mio augurio è che il Pd si apra, ora o mai più. Che accolga i progetti di cambiamento, che colpisca i privilegi (innanzitutto i propri, potremmo dire), che dia un messaggio di sobrietà, di capacità e di umanità. Che sia più leggibile, perché non interessa a nessuno sapere quali sono le correnti, ma quali sono le proposte. E soprattutto il progetto complessivo di Paese che abbiamo in mente. Che sappia trovare parole d’ordine e campagne, e che promuova, a tutti i livelli, occasioni di incontro e di dibattito.

L’Italia non ha più niente da perdere, se non se stessa. E definitivamente. E il Pd dovrà poter raccontare ai suoi figli che c’era. E che non dormiva, se non per far sognare qualcosa di diverso.

 

Siete felici?

Il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia o la solidità dei valori familiari, l’intelligenza del nostro dibattere o l’onestà dei nostri pubblici dipendenti. Non tiene conto né della giustizia nei nostri tribunali, né dell’equità nei rapporti fra di noi.

Il PIL non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza, né la nostra compassione né la devozione al nostro paese. Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta. [R. Kennedy]

E se, visti i tempi, ri-iniziassimo dalla felicità, invece che dal PIL?